I PERICOLI DELLO ZUCCHERO BIANCO

Questa polverina bianca dolce, entrata prepotentemente nella nostra dieta, in realtà ha una storia
molto più recente di quanto si possa credere.

Meno di due secoli fa, infatti, lo zucchero bianco non esisteva e l’unica fonte dolce, oltre al miele e alla frutta, era rappresentata dallo zucchero di canna importato dai tropici.
Come conseguenza delle guerre napoleoniche venne istituito il blocco continentale e l’Europa smise di importare lo zucchero dalle Americhe. Napoleone ebbe allora la brillante idea di estrarre lo zucchero dalla barbabietola. Essendo il prodotto dell’estrazione poco gradevole al gusto si completò l’opera con un processo di raffinazione il quale, come avviene anche per le farine, provoca la perdita di vitamine e minerali producendo una sostanza chimica pura e morta, vere e proprie “calorie vuote”, essendo quasi del tutto prive di elementi nutrizionalmente importanti.
Il problema dello zucchero bianco è che spesso non ci rendiamo neppure conto di assumerlo.
Ipotizziamo, ad esempio, di bere quattro tazzine di caffè zuccherato nell’arco della giornata: 40 g di zucchero corrispondono a 160 kcal che noi assumiamo come calorie vuote, prive di vitamine e minerali.

Sarebbe molto diverso se le stesse 160 kcal le assumessimo sotto forma di pasta integrale o frutta, dove risulterebbero accompagnate da fibra, enzimi, vitamine e sali. Se a questi primi 40 g di saccarosio aggiungiamo biscotti o marmellata o brioche o corn-flakes per colazione, un bel bicchiere di una qualche bibita gassata a pranzo, un gelato o uno snack al cioccolato o una brioche al pomeriggio e il gioco è fatto! Non dimentichiamoci però le salse (ketchup,maionese, cocktail…), i cibi inscatolati (piselli, mais), gli aperitivi… anche loro contengono saccarosio nascosto!
Se sommiamo tutto questo zucchero, senza esagerare, arriviamo addirittura a 500 kcal! Ciò significa che delle 2000 kcal che dovremmo quotidianamente introdurre, solo 1500 sono rappresentate da cibi veri e propri, il resto sono calorie vuote, con una carenza del 25% circa del fabbisogno giornaliero di vitamine e minerali.
Un’altra conseguenza del consumo di zucchero bianco è rappresentato dal fatto che, essendo costituito da calorie nude, non solo non apporta elementi nutritivi all’organismo ma, allo stesso tempo, li sottrae. Per la sua digestione, assimilazione ed utilizzazione sono infatti indispensabili
vitamine, enzimi e sali minerali: questo è particolarmente vero per il calcio e ciò determina una
marcata tendenza alla decalcificazione e all’indebolimento di ossa e denti.
Lo zucchero bianco, quindi, non potrebbe neppure essere definito un alimento ma piuttosto un “non alimento” in quanto dal suo consumo l’uomo non ne trae un rafforzamento bensì un indebolimento dell’organismo e delle sue difese.
Un’alimentazione troppo ricca di zuccheri semplici, inoltre, determina un aumento esponenziale
della glicemia, cioè del tasso di zuccheri nel sangue, obbligando l’insulina ad intervenire per
riportare la situazione alla normalità. Quanto più la glicemia sarà elevata, tanto più l’insulina agirà
con una certa “forza”, abbassando rapidamente il tasso glicemico e provocando una condizione che
viene indicata con il termine di “ipoglicemia reattiva”. Svogliatezza, irritabilità, stanchezza
improvvisa, stati pessimistici sono i suoi sintomi, alternati da una ricerca incontrollata di dolci e
carboidrati per tamponare il calo di zuccheri percepito dall’organismo. Si crea così un circolo
vizioso: il tasso di zuccheri nel sangue aumenta nuovamente, si crea un picco glicemico e l’insulina
deve intervenire di nuovo, provocando ancora ipoglicemia, con astenia, aumento di peso e
depressione.
Questa situazione si innesca in quanto l’uomo moderno, di fronte agli zuccheri ma anche ai grassi,
assume un atteggiamento pressoché identico a quello dell’uomo preistorico. Anticamente l’umanità
viveva alla ricerca continua di cibo con cui sfamarsi e il reperimento di frutta matura o di un favo di
miele veniva vissuto come un’occasione da non lasciarsi sfuggire: di fronte a tali leccornie
l’atteggiamento era quello di sfruttarle al massimo, rimpinzandosi per bene così da accumulare più
energia possibile, in previsione di tempi di magra. La mente e il corpo dell’uomo del ventunesimo
secolo non sono cambiati molto e di fronte a torte farcite, brioche alla crema e dolci al cioccolato
ragioniamo e ci comportiamo esattamente nello stesso modo: nasce dentro di noi un desiderio
incontrollabile che ci spinge a grandi abbuffate nel tentativo di farci delle scorte, come se un’altra
occasione non dovesse capitarci mai più e dimenticando che la nostra dispensa è colma di altrettante leccornie.

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